Marino Magrin racconta la sua esperienza calcistica tra Juve e Atalanta: un’eredità pesante da portare

Marino Magrin, ex calciatore di Juventus e Atalanta, racconta il suo legame con Bergamo, l’inno dell’Atalanta e le sfide affrontate nella sua carriera calcistica.
Immagine generata con AI

Marino Magrin, ex calciatore che ha indossato le maglie di Juventus e Atalanta, condivide il suo viaggio nel mondo del calcio in un’intervista esclusiva a La Gazzetta dello Sport. Acclamato da molti come l’erede di Michel Platini, Magrin riflette sulla sua carriera, sul legame con Bergamo e sulle sfide personali affrontate nel corso degli anni.

La mia vita a Bergamo: una seconda casa

Per Marino Magrin, Bergamo rappresenta molto più di una semplice città. Dopo esservi trasferito, ha segnato ben quaranta gol in sei anni, un successo che ha solidificato il suo legame con il club e con la comunità locale. “Ho realizzato tanti sogni qui, giocando in tutte le categorie, dalla Serie C1 fino alla massima serie,” racconta Magrin. La sua affermazione dimostra quanto fosse importante per lui non solo il gioco, ma anche le esperienze condivise con i tifosi e la città.

Attualmente, Magrin vive a Torre Boldone, a pochi chilometri dallo stadio, un segnale chiaro di quanto sia radicato nel territorio. “Quotidianamente incontro i tifosi e rivivo momenti indimenticabili. Quello che ho costruito qui ha un valore inestimabile.” Le sue parole rivelano un amore profondo per la città, un affetto che supera la sua carriera sportiva.

L’inno dell’Atalanta: un legame indissolubile

Nel 1984, proprio grazie a un’idea nata con alcuni ragazzi della Val Galdino e l’aiuto della moglie, Magrin ha scritto le prime strofe di quello che sarebbe diventato l’inno dell’Atalanta. Un brano che ha accompagnato i tifosi per 25 anni e che è stato inaugurato durante una partita contro il Como. “Segnai un gol su punizione, un momento che ricordo con affetto,” dice Magrin, visibilmente emozionato.

Oggi, quando i tifosi lo riconoscono, è comune che gli mostrano la suoneria del loro telefono, fiera di portare il suo inno. “È un gesto che mi riempie di orgoglio. L’inno è diventato parte della vita di tanti,” afferma. L’impatto che ha avuto nella cultura calcistica locale è indiscutibile e testimonia quanto sia riuscito a incarnare lo spirito dell’Atalanta.

Il peso dell’eredità: mai a confronto con Platini

Molti sostenitori hanno spesso paragonato Magrin a Michel Platini, mentre l’ex centrocampista non sembra condividere questa visione. “Non mi sento un erede di Platini. Ero un buon giocatore, ma lui era un fuoriclasse,” sottolinea con chiarezza. La sua modestia è evidente quando parla delle aspettative che avevano su di lui.

“Non ho mai vissuto quella pressione. Sono stati gli altri a parlarne,” spiega. Inoltre, racconta come Giampiero Boniperti abbia deciso di dare la maglia numero 10 a De Agostini per proteggerlo. “Indossare la 8 di Tardelli è stato un sogno, e qualche anno prima avevo già avuto la fortuna di sfidarlo in amichevole e di chiedergli la maglia.”

Le sfide alla Juventus: una squadra impegnativa

A proposito del suo periodo con la Juventus, Magrin riflette sulle difficoltà che ha incontrato. “Era un momento in cui la squadra era piena di giocatori di talento. Ciò ha reso difficile affermarsi.” Riconosce anche il dominio del Milan di Arrigo Sacchi, che si stava affermando come una vera potenza nel calcio italiano. “Il Milan era inarrestabile e sicuramente il clima in squadra era diverso rispetto al mio passato.”

Questa esperienza lo ha inevitabilmente aiutato a crescere, sia come giocatore che come persona, ma rimane un capitolo della sua carriera che lo ha segnato. Le parole di Magrin dipingono un ritratto di resilienza e passione, confermando la sua dedizione al mondo del calcio e alla memoria che ha lasciato a Bergamo.

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