Un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari ha portato alla luce un vasto sistema criminale che ha coinvolto figure di spicco della politica e della sanità sarda. L’indagine, condotta dal Ros dei Carabinieri, si è concentrata su un gruppo di 34 indagati accusati di aver costituito e promosso un’associazione di tipo mafioso, finalizzata al compimento di diversi reati, tra cui traffico di droga e favoreggiamento di latitanza. Tra i nomi noti figurano l’ex assessore regionale Gabriella Murgia, il rettore dell’Università di Sassari Gavino Mariotti e il primario dell’ospedale Binaghi, Tomaso Cocco, per i quali è stato richiesto il rinvio a giudizio.
Dettagli sull’inchiesta e arresti
Il blitz avvenuto a settembre 2023 ha portato all’arresto di 13 persone e all’imposizione degli arresti domiciliari per altre 18. L’operazione ha messo insieme migliaia di pagine di intercettazioni telefoniche che hanno evidenziato la solidità e la complessità del sistema criminale. Secondo le autorità, questo gruppo ha legami con storici esponenti della criminalità di Barbaricina, una delle aree più colpite dalla mafia in Sardegna. Le accuse più gravi riguardano la promozione e la direzione dell’attività criminosa, con il rettore Mariotti e il dottor Cocco considerati tra i principali organizzatori.
All’interno dell’organizzazione, i capi sono rappresentati da nomi noti come Nicolò Cossu , Tonino Crissantu e Battista Mele. Altri indagati sono coinvolti in reati minori, che vanno dall’abuso d’ufficio al favoreggiamento. Il giudice per le udienze preliminari, Luca Melis, ha programmato l’udienza preliminare per il 10 febbraio, un momento cruciale che darà avvio ai prossimi passi giuridici del caso.
Le accuse e i nomi coinvolti
Le accuse rivolte ai 34 indagati includono, oltre alla partecipazione a un’associazione mafiosa, l’assistenza a Graziano Mesina, un noto latitante. I Carabinieri hanno documentato un’ampia gamma di attività illecite, evidenziando un’attività di traffico e spaccio di stupefacenti al centro delle operazioni del gruppo. Il coinvolgimento di figure di alto profilo come i dirigenti del sistema sanitario sardo, inclusi i nomi di Giorgio Carboni e Massimo Temussi, all’epoca dei fatti rispettivamente direttore sanitario dell’Ats e commissario della stessa Ats, solleva interrogativi sul ruolo delle istituzioni e sulla severità delle misure adottate contro la mafia.
Le indagini rivelano un quadro allarmante di corruzione e collusioni tra la criminalità organizzata e alcuni settori chiave della pubblica amministrazione. Gli indagati, noti tanto per il loro ruolo pubblico quanto per i legami con il crimine organizzato, rendono evidente che il problema dell’infiltrazione mafiosa non è solo un problema di ordine pubblico, ma anche una questione di fiducia civilistica e sociale nella capacità del sistema di garantire la legalità.
Un sistema criminale radicato
Questa inchiesta ha messo in luce non solo la portata dell’associazione mafiosa ma anche il radicamento di tali strutture nel tessuto sociale e politico sardo. Le testimonianze e le intercettazioni hanno svelato una rete complessa di relazioni tra politica, sanità e criminalità, che ha operato per anni senza essere adeguatamente contrastata. La presenza di professionisti stimati e membri delle istituzioni accanto a criminali arrestati pone interrogativi seri sulla necessità di riforme e di una vigilanza costante per prevenire tali fenomeni.
La situazione è un campanello d’allarme per Cagliari e l’intera Sardegna, che devono affrontare il problema dell’infiltrazione mafiosa e della corruzione nelle istituzioni pubbliche. Gli sviluppi futuri dell’udienza preliminare saranno seguiti attentamente dall’opinione pubblica, che attende segnali chiari di giustizia e legalità. L’auspicio è che questa inchiesta rappresenti un punto di svolta nel tentativo di combattere un fenomeno che, sebbene radicato, non deve mai essere considerato inevitabile.